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Resoconto Assemblea dei ricercatori precari Ferrara


6 marzo 2008

  • Intervento del prof. Roberto Gambari (Vicepresidente del Consiglio della Ricerca) e successiva di-scussione.
  • Intervento di Nicola Lucchi sulla conversione in legge del decreto Milleproroghe.
  • Intervento di Marcella Ravaglia e Nicoletta Onisto su iniziative e provvedimenti.

Intervento del Prof. Gambari:

Il Consiglio della Ricerca si è posto l’obiettivo di chiarire la situazione dei giovani ricercatori preca-ri per cercare di affrontare e risolvere tale situazione attuando un pacchetto giovani. Questo obietti-vo era stato fatto proprio anche dalla precedente amministrazione, però la soluzione non era stata trovata. Il personale che svolge attività di ricerca all’interno dell’Università viene reclutato attraverso due canali principali: le Facoltà ed i Dipartimenti. Le prime seguono una programmazione legata prevalentemente alle esigenze di tipo didattico mentre i secondi seguono delle priorità legate più direttamente alle attività dei singoli gruppi di ricerca. Fino ad ora questi due canali sono stati indipendenti l’uno dall’altro; in particolare gli Assegnisti, i Dottorandi, ed il personale precario in generale sono legati ai gruppi di ricerca ed ai Dipartimenti.

Al momento, il Consiglio della Ricerca, in collaborazione con il Nucleo di Valutazione, sta anche cercando di ottenere informazioni utili per effettuare una mappatura dei giovani precari all’interno dell’ateneo. Le Università, che vengono valutate anche in virtù del reclutamento di assegnisti e dot-torandi, sono direttamente interessate a questa problematica.
Nel comparto della ricerca lavorano da 600 a 800 persone, a seconda delle fonti: 350 dottorandi, un numero simile di assegnisti; non è noto il numero co.co.co., oltre al settore precario dell’area medi-ca. Il gran numero di persone con contratti precari percepisce una mancanza di continuità legata alla mancanza di prospettive a lunga scadenza. Il costo degli assegni di ricerca e dei dottorandi è di circa 5 – 7 milioni di euro, un budget molto rilevante. Il cofinanziamento da parte dei gruppi di ricerca varia dal 40 al 60 % di questa cifra ed in alcuni casi si arriva al 100%; questo succede perchè l’intervento statale diminuisce, mentre il senso di precarietà cresce ulteriormente.
Trovare una soluzione al problema del precariato della ricerca è ritenuto importante perché gli indi-vidui coinvolti sono depositari di competenze che o riescono ad essere trattenute, oppure vengono perse con conseguenze molto pesanti sull’attività di ricerca. Per non incrementare il numero di persone assunte con questi tipi di contratto il MIUR tenderà a non aumentare il numero di assegni di ricerca a disposizione delle Università. D’altra parte non sarà praticabile nemmeno una coercitiva diminuzione del numero degli assegni di ricerca, perché funzionali ai gruppi di ricerca, i quali cercheranno di ottenerli per vie alternative e autonome.

La comunità della ricerca dovrebbe poter diventare più stabile. Il numero di posti da ricercatore che saranno banditi dalle facoltà secondo il piano triennale è dell’ordine di (circa) 40; il numero di ricercatori o assimilati con contratto precario è più elevato di un ordine di grandezza rispetto a questa cifra, quindi non si riesce a rendere un riconoscimento alle aspettative del personale precario. Ciò che manca è una progressione logica che dal dottorato di ricerca dovrebbe portare all’assegno di ricerca e poi ad una figura di giovane non precario. Nella passata gestione una commissione tecnica apposita propose l’attivazione di una figura di questo tipo, il ricercatore a tempo determinato con contratto di tipo subordinato (RTD), ma dalle proposte non si passò mai all’attuazione pratica. Se un gruppo di ricerca vuole poter continuare il rapporto con un giovane ricercatore allora dovrebbe avere la possibilità di farlo. Una figura precaria di durata pluriennale, ovvero ad esempio un contratto dalla durata di 4 anni, non risolve il problema ma lo sposta solamente.

Per quanto riguarda le caratteristiche precise da attribuire alla nuova figura di RTD, il Consiglio della Ricerca, nel momento in cui ci fossero delle ipotesi comuni e condivisibili da analizzare, darebbe appoggio a tali proposte a patto che esse risultino oggettivamente realizzabili. La progressione da dottorando, ad assegnista fino poi ad arrivare a questa nuova figura deve essere un percorso concepito “ad imbuto”, ovvero deve essere una progressione con competizione. La selezione deve essere ben presente durante tutto il meccanismo, al fine di produrre una struttura di tipo piramidale. Il Consiglio della Ricerca ha a disposizione i parametri per classificare i vari gruppi, quindi ha dati utili per verificare la fattibilità delle proposte presentate. Il Consiglio sta facendo un’indagine sugli assegnisti, sulla loro produttività, sta procedendo con una fase conoscitiva iniziale; poi si ascolteranno anche le proposte dei ricercatori precari. Se ci sarà un progetto di lavoro condiviso, questo verrà presentato anche fuori dall’ateneo, per ottenere la necessaria copertura finanziaria.
Per questa ricerca ci si può anche rivolgere a delle fondazioni, senza pretendere però da parte loro finanziamenti che sostengano progetti che diventino una sorta di vitalizio. Una possibile figura da finanziare potrebbe essere quella simile al ricercatore a tempo determinato; tale posizione potrebbe poi rappresentare l’anticamera all’attuale forma di reclutamento.







Alla relazione tenuta dal prof. Gambari è seguita poi una discussione che ha preso spunto dalle domande rivolte dai presenti. I punti toccati sono elencati qui di seguito.

D1: in passato si sono osservati casi di assegni di ricerca di breve durata (6 mesi), a causa della mancanza di finanziamenti utili a stipulare contratti di durata superiore. Per evitare queste situazioni saranno necessari finanziamenti superiori agli attuali, quindi forniti da una fonte esterna, non dall’ateneo?
R1: la programmazione triennale dell’ateneo è vincolata e non è facile spostare i fondi da un capitolo di spesa all’altro. Nell’attuale triennio il finanziamento per la ricerca è di un milione di euro; tale cifra può essere usata per i FAR e per gli assegni di ricerca. Alcuni anni fa il budget disponibile era di un miliardo e 400 milioni di lire, poi è passato a 5 miliardi durante il rettorato del prof. Dal Piaz e ora siamo tornati a 700 mila euro, siamo quindi tornati all’inizio. Visto che i progetti europei sono ben finanziati, alcuni atenei hanno pensato di non dare finanziamenti locali, quindi in quei casi la quota FAR è pari a zero. Se poi il MIUR non finanzia la ricerca con, ad esempio, fondi PRIN, bisogna cercare di accedere ai finanziamenti europei. I 700 mila euro destinati ai FAR non verranno ridotti ma neanche molto aumentati perché poi si andrebbe a diminuire la quota disponibile per gli assegni di ricerca. Il tentativo, al momento, è quello di ottenere fondi dall’esterno, come è stato fatto per i progetti regionali e per quelli per le grandi apparecchiature (fondi provenienti dalla regione).

D2: La Regione Emilia Romagna ha dimostrato interesse nei confronti dei giovani; c’è una delibera dell’assemblea legislativa in cui si individua nell’assunzione a tempo indeterminato il miglior metodo per ridurre impoverimento delle potenzialità del territorio. Inoltre il presidente Errani si era impegnato a sensibilizzare il ministro a proposito delle problematiche dei giovani precari. In questo momento ci sono tutte le condizioni per concentrarsi sul reclutamento a tempo indeterminato, piuttosto che su quello a tempo determinato. Il budget che si renderà a breve disponibile, ad esempio grazie ai pensionamenti, deve essere impiegato per il reclutamento mediante contratti a tempo indeterminato. Dei punti organico che si liberano in seguito ad ogni pensionamento, lo 0.3 resta alle facoltà ed il rimanente (fino a 0.7, nel caso di un PO) passa all’amministrazione centrale, quindi questo può permettere di reclutare nuovi ricercatori al di là delle sole esigenze didattiche delle Facoltà. Può commentare a riguardo?
R2: la regione effettivamente ha deliberato in questo senso; ora però dovrebbe anche cercare di favorire l’assunzione di nuovi ricercatori cofinanziando tali assunzioni. Le facoltà controllano solo la frazione di punti organico che resta in loro possesso. A questo proposito, attualmente le facoltà cercano di coprire le lacune che si sono create all’interno dei vari corsi di laurea, in modo tale da man-tenerli in essere e da non dover ridurre l’offerta formativa in ragione dei requisiti minimi imposti dalla legge di riordino della docenza (legge c.d. ex-270). Non è contemplato quindi il reclutamento di RU (a tempo indeterminato) legato alle sofferenze di ricerca. La frazione di punti organico che ritorna all’amministrazione potrebbe essere usata ad esempio per questo motivo.

D3: utilizzare fino allo 0.7 dei punti organico resi disponibili con i pensionamenti per il reclutamento a tempo indeterminato è una buona proposta, in quanto offre ai dipartimenti il ruolo che non hanno mai avuto; è anche una proposta stimolante perché rende più partecipi le persone alla organizzazione del proprio futuro. Qual è l’orientamento in proposito?
R3: una via di reclutamento per i ricercatori indipendente dalle facoltà è una cosa da proporre. Anche il direttore dello IUSS, il prof. Fiorentini, è dello stesso avviso. A giurisprudenza la Facoltà ed il Dipartimento coincidono, quindi alle volte c’è identificazione tra le necessità didattiche e quelle di ricerca. In altri settori questa fusione non c’è, quindi la programmazione o passa dalla Facoltà o dal Dipartimento, quindi una sintesi sembra non essere possibile. Se però parte dei 0.7 punti organico può essere usata per un reclutamento condizionato dalla ricerca, con vincoli di qualità, allora la cosa potrebbe essere interessante. Le modalità di reclutamento di figure a tempo determinato che fungano da bacino per il reclutamento dei ricercatori a tempo indeterminato andrebbe poi proposta in modo condiviso dalle varie parti. Se si arrivasse ad una proposta condivisa la si potrebbe attuare per un certo numero di anni, in modo tale da vedere se la scelta operata dà buoni frutti. Per evitare fratture all’interno del personale che lavora nello stesso ambiente, ad esempio tra personale a tempo indeterminato che è in attesa di effettuare un avanzamento di carriera e personale precario in attesa di trovare una posizione, si potrebbe mettere in atto una sorta di percentualizzazione, una programmazione analitica della gestione del personale docente: ad esempio, per X progressioni ci devono essere Y reclutamenti. Non si possono avere grandi numeri di ricercatori precari senza pensare, in prospettiva, alla loro stabilizzazione. In questo modo si dovrebbero impedire scontri tra le esigenze di reclutamento e quelle di avanzamento, perché le Facoltà optano generalmente per l’avanzamento più che per il reclutamento.
Inoltre, per aumentare la rappresentatività delle figure precarie, può essere utile avere in consiglio di dipartimento dei loro rappresentanti, poiché la loro presenza può aiutare la gestione della stessa programmazione. Anche se il regolamento non lo prevede, il dipartimento può invitare dei rappresentanti; tutti gli attori della ricerca devono essere presenti dove tale attività viene svolta.

D4: effettivamente sarebbe una cosa molto positiva usare quei punti organico per quanto sopra e-sposto, ma la cosa non è possibile ora. Si sta riaprendo una sessione di concorsi di PA e PO con doppia idoneità, e questo ridurrà i punti organico disponibili per il reclutamento dei ricercatori. Il suo pensiero qual è?
R4: se ci fosse un meccanismo concertato, fattibile, in cui si percentualizzano le varie attività, si vincolano progressioni PA e PO a reclutamento da ricercatori, queste situazioni potrebbero esser evitate. Fermo restando che il reclutamento dei PO e PA come quello dei RU deve seguire uno standard di qualità. Se ci fosse una logica generale allora non ci sarebbero problemi; ad esempio, dovrebbe essere impedito ad un ateneo di chiamare PA e PO se non è previsto il relativo reclutamento RU. Ora il reclutamento si fa per coprire le necessità delle Facoltà; il numero però non soddisfa la pressione dal basso in quanto trattasi da una pressione datata (non si può proprio parlare di un “pacchetto giovani”). Ora, usare a tale scopo gli 0.7 punti organico al completo potrebbe non essere ra-gionevole, ma si può pensare di impegnarne una certa percentuale.

D5: il fatto che si parli di cercare una via per la soluzione del problema condivisibile tra amministrazione e precari è una dimostrazione, da parte dell’amministrazione, che i precari sono considera-ti una risorsa insostituibile, non solo un parametro per la valutazione dell’Università. Condivide questa lettura del fenomeno?
R5: per tener conto di quanto fatto dai giovani precari, ad esempio, la parte del FFO attribuito all’università per meriti di ricerca potrebbe essere messa a disposizione della ricerca stessa. Il Nucleo di Valutazione sta analizzando le attività di ricerca dell’ateneo in maniera dettagliata per valutare una proposta precisa circa il pacchetto giovani.

D6: anni fa sono stati attivati dei posti da ricercatore a tempo determinato [contratti co.co.co, n.d.r. ] e, a breve, tali contratti scadranno. La durata di questi contratti è stata lunga, quindi queste persone sono effettivamente indispensabili per l’attività di ricerca; in tutto questo tempo, però, è stato bandito un solo posto da ricercatore. Come si può ora inserire nell’organico queste persone, se non si possono stipulare ulteriori contratti e la via del reclutamento sembra preclusa?
R6: in teoria essi dovrebbero partecipare a concorsi per ricercatore. Si dovrebbe dibattere su questo: se dopo gli 8 anni non c’è una via automatica per il reclutamento, allora significa che c’è un problema. Se il dipartimento conta per parecchi anni su una persona, allora il dipartimento deve pensare ad un canale preferenziale per questa persona, altrimenti dopo gli 8 anni ci si trova di nuovo da capo.

D7: Lo scorso anno la commissione Olivo lavorò per studiare un regolamento per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato [contratti di tipo subordinato, n.d.r.] che conteneva elementi po-sitivi, come il vincolo, per la facoltà ove ci fosse un contratto RTD in scadenza, a bandire un posto da ricercatore a tempo indeterminato nel settore corrispondente. D’altra parte, i requisiti per accedere alla figura RTD di quella proposta non erano chiaramente adattabili alla figura del ricercatore precario in Italia, richiedendo, ad esempio, la titolarità di fondi di ricerca propri. Inoltre, la figura del ricercatore a tempo determinato sarebbe passibile di bocciatura da parte della corte dei conti, perché sovrapponibile alla figura prevista dal comma 14 della legge Moratti. Lavorare lungo questa strada potrebbe portare a risultati infruttuosi. Avete tenuto in considerazione questo scoglio normativo?
R7: l’importante è lavorare con direttive chiare, poi si adattano i propri obiettivi alla situazione giuridica.

D8: il numero di posizioni precarie richiesto dai gruppi dovrebbe poter essere poi correlato al numero di posti a tempo indeterminato dati al gruppo stesso. A regime, non è inutile continuare ad au-mentare numero di dottorandi e assegnisti se non si fa una programmazione sul numero di posti disponibili poi per il reclutamento?
R8: la ricerca è competitiva, quindi non si può restringere il numero di ingressi alla base. Il precario viene pagato dall’ateneo; fissare il rapporto tra ricercatori e dottorandi non va bene perché blocca la competitività. Un gruppo è competitivo se può avere persone che fanno ricerca competitiva. Fare ricerca precaria non è obbligatorio. Ci dovrebbe essere però anche una commisurazione tra tipo di lavoro e lo stipendio corrispondente.

D9: che la ricerca debba essere competitiva è un obiettivo condivisibile, però ultimamente i ragazzi che si laureano percepiscono questa precarietà. Quindi i nuovi laureati, in particolare quelli in gam-ba, non si fermano ma tendono a lasciare la strada della ricerca. L’amministrazione avverte questo fenomeno?
R9: d’accordo, ma non si deve controllare il numero dei dottorandi o degli assegnisti. Devi dare a queste persone la possibilità di fare ricerca e pubblicare ad alto livello, se sei competitivo devi spingere la gente a competere e a mantenersi ad alti livelli. La via non è avere numero controllato ma avere stipendi adeguati. Alcuni gruppi pagano assegnisti molto più di un ricercatore.

D10: ci sono però dei tetti massimi e minimi per quanto riguarda l’importo di un assegno di ricerca. Come si esprime a riguardo?
R10: questa regola deve essere sorpassata. Si può lavorare sul tetto massimo. Per rendere appetibile l’attività di ricerca bisogna aumentare gli stipendi o aumentare il numero di posti. Le borse di studio a livello europeo non hanno limiti per quanto riguarda l’importo corrisposto al borsista; non fissare un tetto massimo introduce meccanismo di competizione tra i gruppi meglio pagati.




Terminato il confronto col prof. Gambari, l’assemblea continua il proprio incontro secondo l’ordine del giorno stabilito.

Nicola Lucchi esemplifica gli effetti che la conversione in legge del decreto Milleproroghe ha avuto per il mondo accademico. Il rilievo va chiaramente all’ingenerato blocco dei concorsi RU dopo l’1 Marzo 2008, fino alla approvazione del nuovo regolamento di Mussi (tacciato di illegittimità dalla Corte dei Conti); in concomitanza, la riapertura dei bandi per PO e PA con doppia idoneità. Questi due provvedimenti, insieme, annullano tutti i proclami che il MIUR e il Governo avevano emanato fin dall’inizio della legislatura. Il comunicato stampa del 14 Marzo 2008 cerca di risvegliare l’attenzione su questo problema e fornisce in breve tutte i dettagli del caso.



Marcella Ravaglia e Nicoletta Onisto riferiscono sulle attività di coordinamento che si è cercato di praticare, durante il mese trascorso dall’assemblea precedente, con le rappresentanze sindacali dei tecnici amministrativi. Si ricorda che già nell’assemblea del 6 febbraio scorso le RSU erano invitate per prendere atto delle nostre problematiche e delle nostre intenzioni di attivarci presso l’amministrazione (formalizzate attraverso un documento presentato in assemblea e disponibile presso i membri del coordinamento per la consultazione da parte di chi fosse interessato). A questo punto, di fronte alla necessità di contrastare il deprimente panorama nazionale con iniziative locali, l’assemblea delibera il proseguimento del dialogo con i TA e le loro rappresentanze sindacali com-patibilmente con le tempistiche ristrette che si vogliono adottare per iniziare il dialogo con l’amministrazione. Il coordinamento ha richiesto ufficialmente un incontro col Rettore per iniziare questo percorso. Siamo in attesa di risposte da parte sia delle rappresentanze sindacali, che del Rettore.