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Documento consegnato a Vasco Errani, presidente della regione Emilia Romagna,
in occasione dell’inaugurazione del Polo tecnologico dell’università di Ferrara, nel luglio 2005


I ricercatori precari sono coloro che svolgono attività di ricerca, didattica e tutoraggio presso le università ed i centri di ricerca pubblici, con forme contrattuali a tempo determinato e atipiche (contratti a progetto; borse di studio e assegni di ricerca; contratti di docenza). La loro presenza nelle università italiane è attualmente stimata in circa 50.000 unità e non tiene conto dei titolari di borse di dottorato, che svolgono attività di ricerca negli atenei nell’ambito del loro corso di formazione. Questa situazione si è venuta a creare in anni di politiche poche attente alle esigenze di ricerca del paese, si è aggravata negli ultimi anni a causa del blocco delle assunzioni pubbliche, e rischia di portare al collasso l’intero sistema universitario pubblico se la riforma “Moratti”, recentemente approvata alla camera, venisse approvata dal Senato. Il testo infatti:
  • Riflette il totale disinteresse del governo nei confronti delle figure precarie che da anni operano all’interno dell’Università, non riconoscendo in alcuno modo né la loro esistenza, né l’attività svolta all’interno degli atenei.
  • Cancella la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato, che ha finora rappresentato la prima fase di accesso al ruolo strutturato e che costituisce una figura irrinunciabile all’interno dell’università, se questa vuole continuare ad essere sede della ricerca pubblica, oltre che di insegnamento. Il primo ruolo di accesso diventa quello di professore associato.
  • Cristallizza lo scenario attuale in cui gran parte del lavoro di ricerca e di didattica dell’Università è sostenuto da precari e convoglia le risorse finanziarie degli atenei alle progressioni di carriera, mediante una neppur troppo velata ope legis, sistema utilizzato più volte in passato e le cui conseguenze l’Università italiana sta ancora pesantemente pagando.
  • Di fatto in questo modo nega qualunque possibilità di accesso ad un ruolo non precario a chi di fatto già costituisce il 40% del personale dell’Università, svolgendo un ruolo insostituibile nella ricerca e nella didattica, sia all’interno dei corsi di laurea che nell’ambito della formazione dei laureandi e dei dottorandi. Non si può proporre, a chi è già precario da 10-15 anni, una nuova forma di precariato con contratti a tempo determinato triennali rinnovabili “ad aeternum”: è lesivo della sua dignità, e svilisce il ruolo della ricerca nell’università. Condannare a precarietà perpetua tutti i non strutturati che svolgono attività di ricerca significa svilirne il ruolo ed incentivarne l’allontanamento dalla ricerca e dall’università. In questo modo si nega un futuro all’università pubblica, riducendola ad un luogo di solo o prevalente insegnamento, privandola del suo ruolo primario, cioè quello della produzione della conoscenza.

I ricercatori precari dell’Università di Ferrara rifiutano quindi il disegno di riforma dello stato giuridico firmato dal ministro Moratti e ne chiedono il ritiro.
Chiedono alle forze politiche nonché agli organi di rappresentanza e di governo degli atenei, uno sforzo comune per garantire ai ricercatori precari il riconoscimento delle loro competenze, acquisite in anni di ricerca e di docenza universitaria. Riconoscimento che rischia di non giungere affatto: né dall’università, indebolita dalle sempre minori risorse statali e minacciata dalla riforma Moratti; né dal comparto produttivo, a causa di un mercato del lavoro incapace di assorbire figure ad altissima professionalità; né dallo stato e dalle regioni incapaci di cogliere in queste figure una importante opportunità per la dirigenza dell’amministrazione pubblica.

Il precariato condiziona pesantemente la libertà e la qualità della ricerca, impedisce programmi di ricerca ambiziosi, innovativi e di lungo periodo e costringe all’emigrazione o alla rinuncia, con un considerevole spreco di risorse per l’intera società.

In accordo con i rappresentanti della rete nazionale dei ricercatori precari e dei ricercatori precari di altre università italiane, inoltre:
  • Chiediamo di triplicare le risorse pubbliche per la ricerca, per l’università e per il diritto allo studio, con un impiego delle risorse pubbliche fino al raggiungimento dell’obiettivo del 3% del PIL.
  • Proponiamo di ripensare i piani di studio, restituendo valore alla laurea, senza rinunciare all’obiettivo di aumentare il numero di iscritti e laureati: un primo bilancio dell’esperienza della laurea a due livelli(3+2), ha evidenziato l’abbassamento della qualità dell’offerta formativa, l’esplosione dei contratti di lavoro precario ed un crescente svantaggio delle scienze umanistiche, sociali e più in generale di tutti gli studi teorici, a vantaggio di percorsi formativi di corto respiro, con l’illusione di una immediata spendibilità sul mercato.
  • Chiediamo che il ruolo docente presso l’università debba essere svolto da personale strutturato a tempo indeterminato.
  • Chiediamo di prevedere l’accantonamento programmato su base annuale delle risorse per garantire il cambio generazionale del corpo docente. Tale capitolo va distinto da quello previsto per gli avanzamenti di carriera. Bisogna garantire il reclutamento ciclico di ricercatori a tempo indeterminato, valutando titoli scientifici, le borse di studio e le attività di lavoro (ricerca e didattica) svolte con contratto a tempo determinato. Ai ricercatori va garantita la ricostruibilità della carriera. Il previsto pensionamento di un larga parte dei docenti e l’aumento del carico didattico giustificano un percorso radicalmente opposto a quello prospettato dalla Moratti, che vuole introdurre contratti flessibili proprio per liquidare i costi della didattica e della ricerca di qualità, favorendo i privati.
  • Al tempo stesso, per tutelare i ricercatori precari già esistenti, chiediamo:
    l’unificazione delle diverse figure precarie oggi esistenti in un'unica figura con un salario minimo non inferiore a quello del ricercatore non confermato, e con diritti e tutele irrinunciabili, che verranno presentate nel documento elaborato e sottoscritto dai rappresentanti dei ricercatori precari delle diverse università italiane, al temine del convegno nazionale sul precariato nell’università e nella ricerca che si svolgerà il prossimo 28-29 ottobre a Ferrara.